Itinerario 3: dal Castello di Ama, vino nel bicchiere e si parte

Questo itinerario nel cuore del Chianti Classico è dedicato ai grandi vini, ad esempio il Castello di Ama, vino prelibato… Ma il viaggio che stiamo per iniziare non mancherà di stupirvi anche per storie, leggende, arte e curiosità che renderanno la giornata piacevole anche a chi non è troppo in confidenza con questi elisir apprezzati e premiati in tutto il Mondo.

Queste le nostre tappe:

Dove degustare

Tappa 1 – Ama

La nostra giornata inizia ad Ama, il classico borgo antico del Chianti fuori dal tempo, come se la strada senza sfondo che vi conduce lo avesse preservato da curiosi e turisti frettolosi. Già nel settecento il Granduca Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena nella sua relazione sul governo della Toscana scriveva: “intorno al castello d’Ama vi sono le colline e valli le più belle di tutto il Chianti, coltivate a meraviglia con terreni fertili a grani, ulivi e vigne bellissime”.È in questo borgo magico che nasce nel 1972 l’Azienda di Ama, per mano di quattro famiglie romane, innamoratesi di questo luogo affascinante e magico. L’azienda attualmente ha una superficie totale di circa 250 ettari, dei quali 75 coltivati a vigneto e 40 a ulivo con circa 9.000 piante.

La produzione, proveniente esclusivamente dai propri vigneti, si aggira intorno alle 300-350mila bottiglie per anno, e trova il suo paradigma nel Castello di Ama, un vino ottenuto attraverso la selezione delle zone più vocate a Sangiovese. Nel 1982 la gestione tecnica dell’azienda è stata affidata a Marco Pallanti, giovane agronomo, che nel giro di qualche anno è diventato uno dei più stimati enologi toscani, fino ad essere consacrato, nel 2003, Winemaker of the year, come enologo d’azienda dalla Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso e due anni dopo, nel 2005, l’azienda è stata dichiarata la Migliore dell’anno.

Passeggiando nelle piccole strade in pietra, nelle vigne che fanno da cornice e tra stanze piene di barrique rimarrete piacevolmente stupiti nel trovarvi istallazioni di arte contemporanea, che magistralmente si inseriscono nel contesto di questo rustico borgo.

Ad offrire questo grandioso spettacolo è la fantasia e genialità dell’appassionata di arte, Lorenza Pallanti, in stretta collaborazione con la celebre galleria d’arte “Galleria Continua” di San Gimignano che dal 2000 ha portato a realizzare opere d’arte a grandi nomi di livello internazionale tra cui: Michelangelo Pistoletto, Daniel Buren, Giulio Paolini, Kendell Geers, Anish Kapoor, Chen Zhen, Carlos Garaicoa, Nedko Solakov, Cristina Iglesias, Louise Bourgeois, Ilya e Emilia Kabakov, Pascale Marthine Tayou con installazioni “Site Specific”.

Ogni anno un artista diverso pensa e realizza in loco la sua opera, vivendo per alcuni giorni a stretto contatto con il borgo, le cantine e le persone, lasciando che la propria sensibilità artistica si armonizzi con l’essenza stessa di questo ambiente magico, al fine di dar vita ad una scenografia unica. Imperdibile la visita alle cantine e una degustazione dei meravigliosi vini che custodisce, dall’Apparita un piccolo “cru” un gioiello dell’enologia mondiale,  il nuovo nato Haiku (il nome deriva da un tradizionale componimento poetico originario del Giappone), un vino che racchiude in sé quei principi di franchezza, profondità, semplicità e naturalezza che caratterizzano tutta la produzione del Castello di Ama; una vera e propria scoperta è il Rosato che ha una fisionomia più prossima ad un vino rosso giovane che ad un vino bianco.

Tappa 2 – Lecchi

Poco distante da Ama, troviamo Lecchi, un paesino tipico chiantigiano attraversato completamente dalla SP Traversa del Chianti con le case disposte parallele ad accogliere ed avvolgere il viaggiatore. La storia della frazione di Lecchi è legata a quella del castello di Monteluco, detto proprio Monteluco a Lecchi e probabilmente si sviluppò come corte di questo castello intorno alla canonica di San Martino, documentata sin dalla fine del XIII secolo. Oggi conta poche decine di abitanti ma nel 1833 la frazione ne contava 317. 

Il nome Monteluco deriva dal latino «montem» (= monte, perchè il castello sorge su una collina di quasi 600 mt sul livello del mare) e «ilicem» (= leccio, per la presenza di un leccio gigante, da cui il successivo nome di Lecchi).

Il primo insediamento etrusco alle pendici del colle è del III° secolo a.C. (come i borghi di Ama e Adine), ma la prima notizia certa risale al 998 d.C.

Sotto al borgo di Lecchi, poco distante, ci sono le Pozze di Lecchi un bacino di acqua sorgiva di grande fascino. L’acqua è trasparente, cristallina, dove rinfrescarsi nelle calde giornate estive con un bel bagno è una coccola e un refrigerio all’anima, immersi in una natura suggestiva e magica con querce e cerri a fare da guardiani.

Per le persone del luogo, è ancora un posto particolare di emozioni.

Secondo una simpatica leggenda si narra che nelle pozze, un brigante avrebbe nascosto il suo tesoro nella piccola caverna dietro la cascata più alta. In molti seppero questa cosa e tentarono di impossessarsi del prezioso bottino e, recita la leggenda, un vecchio contadino della zona stava quasi per riuscire nell’impresa: trovò il forziere e nel provare ad aprirlo con una spranga di ferro vi mise troppa forza e il baule aprendosi repentinamente cadde nell’acqua ed affondò.

Il contadino non sapendo nuotare se ne andò via, e per non essere “coglionato” non raccontò a nessuno quanto gli era accaduto. Da allora si racconta che quando i raggi del sole, nella stagione invernale, colpiscono la cascata e la pozza si possa vedere lo scintillio delle monete d’oro. Si racconta inoltre, che chiunque si bagni nelle sue acque possa ritrovare un oggetto perduto e a lungo cercato.

Il nome, o meglio i cognomi che andrò a citarvi di seguito, non lasciano spazio a fraintendimenti, l’origine è chiara, legata com’è a filo doppio con famiglie che del vino hanno fatto vessillo nel corso della loro pluri-centenaria storia, che è anche storia del territorio su cui ci troviamo e del quale calpestiamo oggi sentieri, luoghi e borghi.

Tappa 3 – Castello di Cacchiano

Ripartiamo nel nostro itinerario per il Castello di Cacchiano costruito agli inizi del 1000 dalla famiglia fiorentina dei Ricasoli sopra i resti di un precedente insediamento romano, si trova su un’altura dominante la valle di San Marcellino, ed era una struttura militare strategica con funzioni difensive ultimo baluardo prima del Castello di Brolio di cui ne faceva parte. È appartenuto nel XIX secolo anche al Barone Bettino Ricasoli, quadrisavolo dell’attuale proprietario, soprannominato il “Barone di Ferro” di cui vi avevo parlato nel secondo itinerario. Il castello di Cacchiano si compone di vari corpi di fabbrica disposti intorno ad un cortile: la parte più antica sembrerebbe il fronte meridionale, mentre il lato esterno è stato totalmente rimaneggiato nel 1500 circa.

Alla stessa epoca appartiene anche la semplicissima cappella del portale, l’occhio in pietra serena che si affaccia sul lato meridionale del cortile e i due bastioni. Dopo una secolare attività vitivinicola della famiglia, l’azienda moderna, con il brand “Castello di Cacchiano”, prende avvio nel 1974 quando la proprietà viene ereditata dalla N.D. Elisabetta dei Conti Balbi Valier, vedova del Barone Alberto Ricasoli-Firidolfi, padre di Giovanni, l’attuale proprietario che nel 1984 ha iniziato la sua attività nel mondo del vino ereditando una storia importante sia come famiglia, sia come territorio. Inoltre Giovanni Ricasoli è anche Capitano Generale della Lega del Chianti antica organizzazione militare oggi impegnata nella promozione e valorizzazione del territorio. L’Azienda  situata in una delle più prestigiose posizioni di tutto il Chianti, ha le proprie vigne soprattutto sull’altipiano di Monti  ad un’altitudine compresa tra i 380 e 420 metri s.l.m.,  con una esposizione prevalente a sud con un microclima che coccola i vitigni e che si ritrova nei calici di questi magnifici vini. Si estende su una superficie di 200 ettari di cui 32 coltivati a vite con 120.000 bottiglie all’anno, i restanti occupati da oliveto con circa 5.000 piante che producono 6.000 litri all’anno, il restante a seminativo e bosco.

Non potete perdervi la visita alle sue cantine storiche, molto suggestive e all’orciaia. Vi suggerisco il Chianti Classico riserva, il Fontemerlano un ottimo supertuscan, il delicatissimo e fruttato rosato e l’olio che a Cacchiano è ottimo e, una raccomandazione, non ripartite senza aver assaggiato il vin santo: un vero e proprio elisir!

Tappa 4 – Montegrossi

Dal Castello di Cacchiano ad est si scorge il Castello di Brolio (capostipite della “dinastia”) e a sud-ovest più in basso il borgo di Monti in Chianti ed a circa 1 km nel borghettino di “Il Colle” dove si trova la Chiesa di San Marcellino in Colle  da cui si arriva all’Azienda Agricola Rocca di Montegrossi  di Marco Ricasoli-Firidolfi, fratello di Giovanni del Castello di Cacchiano e cugino di Francesco Ricasoli del Castello di Brolio. 

Sono passati appena ottocento anni o giù di lì da quando il capostipite Geremia fondò la Rocca di Montegrossi e insieme la dinastia dei fili di Ridolfo, poi tramutati in Firidolfi dalla volgare lingua che il nome di Rocca Di Montegrossi grazie a Marco ritorna protagonista, questa volta, fra i grandi vini. Ribadendo ancora di più lo spirito della “famiglia” nella centralità del territorio e della vigna. Una curiosità: Marco ha coniato il motto Divieto di cantuccini con il Vin Santo facendosi  carico di riportare il Vin Santo a quel ruolo di vino dolce di altissimo livello.  

Ripartiamo in direzione di un nuovo Montegrossi, quest’ultimosituato al confinedel Valdarno Superiore, dove si trova anche la grande cava della dorsale Chianti-Cetona di 40 milioni di anni fa. 

L’abitato insediativo originario risale ai secoli VII- VIII e risulta citato per la prima volta nel 1007 in un documento dell’abbazia di Coltibuono, Distrutto dai fiorentini nel 1172, il castello di Montegrossi, o Montegrossoli, fu feudo dei Firidolfi e risulta citato in numerose vertenze circa i confini degli Stati di Firenze e di Siena, in quanto situato in una posizione strategica sul Chianti.  

Il paese conobbe una rinascita nel corso del XIX secolo, come borgo rurale del contado chiantigiano. Presso il paese di Montegrossi si trovano i ruderi dell’antico castello documentato all’XI secolo. Sull’altura rimangono la struttura del cassero con la torre e parte del recinto fortificato. 

Tappa 5 – San Giusto a Rentennano

Il nostro tour prosegue a San Giusto a Rentennano (nome di origine etrusca), antichissimo monastero cistercense (per questo già denominato San Giusto alle Monache), poi indomito fortilizio, fu segnato a confine, secondo un trattato del 1204, fra i contadi di Siena e Firenze. Del castello rimangono le merlature guelfe del muro di cinta, le massicce mura a Barbacane e le cantine interrate, ancora oggi utilizzate per la maturazione dei vini in botte. Proprietà della famiglia Martini di Cigala dal 1914, oggi dei fratelli Anna, Lucia, Elisabetta, Francesco, Alessandro, Luca. La Fattoria si sviluppa su una estensione di 160 ettari di cui 31 a vigneto, 11 a oliveto. Nel 2016 ha ottenuto un importante riconoscimento con il Chianti Classico 2016 finendo nel podio dei migliori 3 vini nel Mondo, secondo l’influente “Top 10” magazine Usa Wine Spectator. Vi consiglio di assaggiare, e mi ringrazierete, anche Le Baroncole (Sangiovese 97% Canaiolo 3%),  il famoso Percarlo (Sangiovese 100%) e la Ricolma (Merlot 100%). 

Tappa 6 – Pontignano

Il gran finale di questa giornata, tra i grandi Chianti e la storia non poteva non concludersi a pochi chilometri da Siena, all’Antica Certosa di Pontignano, un luogo unico al mondo dove natura, storia ed accoglienza si fondono in una memorabile armonia. La costruzione della Certosa di Pontignano, risale al 1343, voluta da Bindo di Falcone, signore senese arricchitosi con i commerci fatti con il Papato. Il monastero di Pontignano, a differenza della Certosa di Belriguardo e a quella di Maggiano del 1314, prevedeva la realizzazione di una chiesa oltre ai chiostri, alle celle e agli edifici di servizio che dovevano servire come dimora per i padri; è inoltre l’unica Certosa che mantiene il suo aspetto originario, di luogo adibito alla preghiera, alla meditazione, alla pace.

L’impianto architettonico ha subito nel tempo dei rimaneggiamenti, ricalca comunque l’aspetto tradizionale dei monasteri certosini, suddiviso in tre parti: l’area destinata ai monaci, quella adibita all’alloggiamento dei conversi e lo spazio riservato alla chiesa, al capitolo e al refettorio. Nel 1385, la città di Siena fece costruire tutto intorno alla Certosa, una robusta cinta muraria, per evitare che venisse saccheggiata da bande di mercenari, ma nell’ambito della guerra tra Siena e Firenze, le difese murarie non furono sufficienti a proteggerla, subendo incendi e saccheggi.

Sono diversi gli interventi di ristrutturazione realizzati nel corso dei secoli, il primo intorno al 1450, visibili nel chiostro che si dispone nel lato lungo della Chiesa a pianta quadrata, con cinque campata e volte a vela, segue un modesto intervento alla fine del ‘600 quando le sei cappelle di precedente costruzione vennero unificate nel cosiddetto Cappellone ed infine nel 1703, venne edificata la Cappella di Sant’Agnese.

Alla fine del XVIII secolo, i certosini lasciano il monastero di Pontignano, come attesta un documento datato 16 luglio 1785, passato ora ai camaldolesi, i quali successivamente dovettero abbandonarlo a causa delle soppressioni napoleoniche. Durante la prima e seconda guerra mondiale, Pontignano divenne rifugio per ebrei e perseguitati politici, nel 1959 tutto la struttura venne acquistata dall’Università di Siena, destinandola a residenza universitaria

Merita due passi il Giardino all’italiana da dove si può godere di uno dei più bei tramonti sulla città di Siena. 

Una giornata a degustare i più importanti vini del Chianti Classico, attraversando vigne, cavalcando colline per arrivare nei punti panoramici dove i nostri avi hanno costruito le più belle fortezze, abbazie, un tempo teatro di guerre, oggi luoghi di grande pace e relax.

Dove mangiare 

Dove dormire

Dove acquistare 

Al Castello di Ama è possibile acquistare delle ottime candele ed essenze per ambienti

Note 

In estate vi consiglio un bel bagno alle pozze di Lecchi!