Due passi a Manciano con una vecchia lettera in mano

La bellissima rocca di Manciano faceva parte di quell’antico castello del quale si parlava già nel 1188 in un Privilegio di papa Clemente III.

In realtà la comunità di Manciano non era la diretta beneficiaria del documento, destinato invece a confermare i vantaggi della chiesa di Sovana, ma comunque quest’atto conferma che già in quel secolo esisteva questo luogo fortificato.

Le notizie, ancora più antiche su Manciano, che la vedrebbero presente nelle carte della Badia del Monte Amiata (Dizionario Repetti) sono purtroppo un clamoroso errore di lettura di un simile vocabolo.

Ma di storia in questo posto ce n’è abbastanza, anche se poco documentata e poco divulgata e così occorre raccontarvela.

Poco dopo al privilegio citato, nel Duecento, Manciano era finita sotto il dominio degli Aldobrandeschi, potente casata che estendeva il suo feudo su una gran parte della maremma e della diocesi di Volterra.

Agli inizi del XIV secolo il castello fu occupato dagli orvietani e poco dopo entrò a far parte dei possedimenti della famiglia dei Baschi da Montemerano, ma Orvieto non volle mollare e ritornò ad occupare e riconquistare Manciano tra il 1331 e il 1332.

Per imporre la propria sovranità però volle accordarsi con la comunità locale garantendogli alcuni vantaggi e autonomie.

Intanto in tutta quella vasta area della maremma era cominciata l’ascesa di un’altra famiglia che diventò in breve talmente potente da formare addirittura una Contea: gli Orsini da Pitigliano.

Naturalmente sia Manciano che Montemerano finirono in quella Contea, ma i guai non erano finiti. L’espansione della repubblica senese anche in quei domini coinvolse i mancianesi nei frequenti scontri tra Siena e gli Orsini fino a che, nel 1416 i senesi conquistarono Manciano.

Non sappiamo se ben amministrarono questo borgo, ma è certo che ne rinforzarono le difese e le fortificazioni già esistenti viste le documentazioni degli anni 1424-1425.

Nel 1455 tra Siena e gli Orsini fu fatto un trattato di pace che vide Manciano rimanere sotto il dominio di questi ultimi, ma con clausole economiche e militari più favorevoli ai senesi.

Con la caduta della Repubblica di Siena Manciano fu concesso al duca Cosimo de’ Medici (in realtà due anni prima, nel 1557) e nel Seicento anche ciò che rimaneva della Contea degli Orsini finì nel Granducato di Toscana perdendo ogni forma di autonomia.

Ancora oggi si possono vedere parti del tracciato delle mura di Manciano, che ai tempi era coronato di ben undici torri delle quali ne rimangono solo due, mentre ancora bella mostra fanno le sue porte.

Dentro al paese vecchio, tra scorci mozzafiato troviamo la chiesa medievale di San Leonardo che ha ormai perso le sue caratteristiche antiche per i troppi rifacimenti e ricostruzioni e la bellissima torre dell’orologio, forse costruita nel 1472, che era parte del palazzo comunale dove aveva sede fissa il Vicario.

Come sempre, quando racconto le storie dei luoghi toscani, i lettori mi chiedono di sapere qualcosa in più e di inedito, che è sfuggito alla storia ufficiale.

E anche stavolta voglio accontentarli citando nomi e fatti che spero incuriosiscano i mancianesi e li spingano ad individuare i posti che adesso citerò.

L’episodio riguarda proprio un Vicario di Manciano che il 10 agosto del 1622 rispose alle richieste di Monsignor Lepido Maccabruni di Siena. Si trattava di riconoscere all’Ordine di Malta un appezzamento di terra nei pressi delle mura ed esattamente:

Un pezzo di terra lavorativa fuori dalle mura di Manciano di mezzo staio in Contrada dell’Hosteriavecchia, al quale da levante confinano i beni di Domenico di Piero, da mezzogiorno gli eredi di Acchille Vannini, a ponente l’argine della via pubblica e a tramontana la predetta Hosteria vecchia e il muro dell’Hoste della medesima Pacifico Vannini, hoggi dei suoi heredi.

Naturalmente il Vicario, che era tale Filippo Pagni, per ben servire il Monsignore fece affiggere il bando trasmessogli da Francesco di Jacomo messo pubblico di Corte. Poi rispose al Monsignore: Doppo la commissione lo stesso ha referto (riferito) di havere exequito (eseguito) quanto sopra il dì 31 di luglio passato che è quanto mi occorre di dirli, e per fine le bacio le mani. Di Manciano, lì 10 agosto 1622.