Questo scontro si svolse tra la flotta genovese e quella pisana presso le secche dette “della Meloria”, un isolotto sabbioso circondato da scogli lungo circa otto chilometri e largo due, proprio di fronte all’antico Porto Pisano, tra la foce dell’Arno e il mare. Era il 6 agosto 1284 e la vittoria irrise a Genova.
Questa famosa battaglia, poco studiata nei libri di storia, fu la conseguenza degli scontri che nella seconda metà del XIII secolo coinvolsero le Repubbliche Marinare e le contrapposero. In ballo c’era l’egemonia sul mar Mediterraneo e sul commercio con l’oriente, che a quei tempi costituiva un’imponente fonte di ricchezza. La prima scintilla era scoppiata tra Genova e Venezia per il possesso di un monastero in San Giovanni d’Acri (oggi in Israele) che i genovesi avevano avuto in premio per il loro impegno nella quarta crociata dall’Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni, ma che i Veneziani rivendicavano come proprio esibendo un documento secondo il quale sarebbe stato loro donato da Papa Alessandro IV. Fu detta la guerra di San Saba, appunto dal nome del monastero in Acri.
Durante questi anni di guerre e battaglie la città di Pisa si era schierata inizialmente con Genova, ma nel 1257 ruppe l’alleanza e passò dalla parte di Venezia assieme allo Stato Pontificio ed il Regno di Sicilia. Con i genovesi invece si schierò l’Impero Bizantino.
In un passato recente (1241) Pisa, assieme all’esercito di Federico II, aveva già sconfitto la flotta genovese presso l’Isola del Giglio facendo ben 4000 prigionieri dei quali la maggior parte finirono nelle prigioni di Napoli, ma negli anni Ottanta di quello stesso secolo una serie di provocazioni diplomatiche avevano fatto sì che un nuovo scontro tra le due città di mare diventasse inevitabile. E così Pisa, ora alleata con Venezia, (tanto che il suo podestà era Alberto Morosini veneziano) cominciò in segreto a preparare una grande flotta. Nel luglio 1284 tentò addirittura un attacco a sorpresa alla città ligure, ma le condizioni burrascose del mare lo impedirono ed i pisani furono costretti a tornare indietro. La contromossa dei genovesi fu identica e la loro flotta andò allora in massa ad attaccare Pisa. Quando le navi liguri furono avvistate i pisani andarono in gran numero al porto (Porto Pisano) con tutti gli uomini disponibili, compresa la migliore nobiltà, tanto che si imbarcarono pure il conte Ugolino della Gherardesca e suo nipote Anselmuccio.
La cronaca del Villani racconta bene quei momenti che precedettero lo scontro: “ e nel mese d’agosto vegnente vennero colla detta armata [i genovesi] nel mare di Pisa. I Pisani sentendo ciò, a grido e a romore entrarono in galee, chi a Porto Pisano, e la podestà, e il loro ammiraglio, e tutta la buona gente montarono in galee tra’ due ponti di Pisa in Arno. E levando il loro istendale (stendardo) con grande festa…”.
La stessa cronaca racconta anche di un episodio che sembrò in quegli attimi presagire la sconfitta dei pisani in quanto il loro vescovo, nell’atto di benedire l’esercito in partenza, fece cadere “la mela e la croce ch’era in su l’antenna dello stendale (stendardo)”. Nonostante tutto i pisani partirono e “uscirono della foce d’Arno, e accozzarsi colle galee del porto, e furono da LXXX tra galee e legni armati; e i Genovesi colla loro armata aspettando in alto mare, s’affrontarono alla battaglia co’ Pisani all’isoletta, overo scoglio, il quale è sopra Porto Pisano, che si chiama la Meloria, e ivi fu grande e aspra battaglia, e morìvi molta buona gente d’una parte e d’altra di fedite, e d’anegati in mare.“
La flotta di Genova, al comando di Oberto Doria e Benedetto Zaccaria si dispose in due file. La prima a vele spiegate pronta all’attacco e la seconda, nelle retrovie, a vele calate in modo da far credere che fossero semplici navi di appoggio logistico, ma in realtà armate fino ai denti. L’inganno riuscì perfettamente e i pisani ci caddero. La loro flotta fu completamente distrutta (sette galere affondate, ventinove catturate, cinquemila prigionieri sul campo).
Anche i genovesi però ebbero numerose perdite e stremati dalla battaglia rinunciarono ad entrare in Pisa a far altro bottino.
Una della conseguenze immediate della battaglia fu un pesante ridimensionamento dell’egemonia marinara di Pisa, che si vide costretta alla diminuzione della propria flotta intraprendendo un declino che sancì di lì a poco il tramonto di questa repubblica marinara.
Commenti recenti