Roccatederighi, un marchesato di Maremma

Come tutti i borghi di origine medievale anche Rocca Tederighi fu un antico castello le cui origini sono addirittura precedenti all’anno Mille.

Sulla cima di una piccola montagna rocciosa, protuberanza del monte Sassoforte, gode di una vista panoramica su tutto l’arcipelago toscano ed ancora oggi conserva molto della sua architettura primitiva. Le abitazioni, molte delle quali ricavate direttamente dalla pietra (trachite) hanno ancora il fascino antico del borgo e tutto l’ambiente trasuda di storia e fascino. Il suo centro può ritenersi la piazzetta Senesi dalla quale si accede ai resti del Cassero e fa bella mostra di sé la Torre dell’orologio.

Ancora più in alto, dove alcuni speroni di roccia terminano l’abitato e lo sormontano c’è la Chiesa di San Martino, già esistente come Cappella fin dal 953 e rifatta nel 1489 come testimonia una lapide incastonata nella facciata.

Questo luogo fu intorno al X secolo un feudo degli Aldobrandeschi, legato a doppio filo con la Diocesi di Volterra ed il primo documento che lo attesta risale al 969 quando questa località fu concessa a titolo livellario proprio da Ildebrando di Gherardo Aldobrandeschi a tale Sigfrido di Gomberto. Sembra che intorno al mille il borgo abitato (che prendeva il nome di Nossina o Norsina) fosse più spostato a nord est e solo più tardi la popolazione si spostò più in alto dando origine al sito di Roccatederighi. La nuova collocazione garantiva certamente maggiore difesa dal punto di vista militare e la possibilità di controllare meglio la dorsale del Monte Sassoforte con gli accessi alle locali miniere di rame e argento, grande ricchezza del territorio. Un contratto del 1110 stipulato nella Rocca Nassina conferma che a questa data il castello era già stato costruito e che era controllato da un gruppo familiare ( i filii Tederigoli) che poi trasmisero il nome a questo luogo. Nel Duecento invece la località fu in mano della famiglia Lambardi ed al suo ramo detto dei Guaschi con forti interessi e società direttamente legate al Vescovo di Volterra, giacimenti minerari compresi. Nonostante la potente posizione raggiunta i Guaschi, nel 1239, furono costretti a scendere a patti col Governo di Siena ed a giurare di «difendere tutti i cittadini senesi nelle persone e averi, di non farsi pagare da essi alcuna grida o pedaggio, di fare oste e cavalcate in perpetuo contro i nemici di Siena», promettendo pure di concedere le loro terre. Nei decenni successivi una serie di accordi patrimoniali costrinsero i Guaschi a svendere quote dei diritti signorili sul castello e sulle miniere di Roccatederighi al comune di Siena e ad alcune famiglie cittadine.

Queste transazioni continuarono anche nel 1250 ad opera di Bindozzo di Ruggerotto di Guasco, Guasco di Guglielmo e Bindozzo Montanello Guaschi che però, in contropartita, riuscirono a mantenere nel territorio una certa autonomia feudale.

Forti dell’appoggio senese i Guaschi si inserirono pericolosamente in molte controversie con le vicine comunità tanto da essere in breve esposti agli attacchi del signore di Sticciano (Ranieri), dei Pannocchieschi, dei Conti di Lattaia e dei domini di Sasso Forte. Furono questi ultimi che uccisero a tradimento Fredi de’ Guaschi andato nel loro castello per stipulare pace, come racconta Giovanni Antonio Pecci nei suoi manoscritti.

Fortemente indebitati, i signori di Rocca Tederighi cedettero ripetutamente e progressivamente le quote dei loro possedimenti al Comune di Siena e ciò ebbe inizio nel 1288 e si concluse definitivamente nel 1324. Nel 1339 la Rocca Filiorum Thederighi era ormai dominio di Siena.

Nella seconda metà di quel secolo le sorti di Rocca Tederighi si intrecciarono con quelle della famiglia senese dei Salimbeni che ebbero a fasi alterne alcuni momenti di forte tensione con il governo senese. Il loro dominio si protrasse fino al 1404 quando i rappresentanti del Comune della Rocca si sottomisero a Siena chiedendo di essere definitivamente liberati dalla signoria dei Salimbeni. Ottennero allora, come segno di riconoscenza, l’esonero da ogni tipo di tassazione per dieci anni e la proprietà di tutti i beni mobili e immobili appartenuti agli eredi di Niccolò di Francesco Salimbeni. Successivamente furono anche autorizzati a redigere il loro Statuto (1404), riformato e migliorato nel 1452.

Dopo la sconfitta di Siena (1555) Rocca Tederighi entrò a far parte dello stato mediceo e nel 1618 Cosimo II la costituì in feudo cedendola al Marchese Giovanni Cristofano Malaspina di Mulazzo assieme a Montemassi. Nel 1803 Vincenzo Salucci di Livorno ne acquistò i diritti, ma nell’aprile 1808, in virtù delle leggi napoleoniche il marchesato di Rocca Tederighi ebbe definitivamente termine.