San Veriano, un’abbazia nella valle del Cerfone

Si trovano in provincia di Arezzo i resti della Badia di San Veriano, sulla strada che da Palazzo del Pero conduce alle Ville di Monterchi. Una volta giunti vicino alla frazione di Molin Nuovo, troveremo facilmente le indicazioni per l’abbazia camaldolese, ma dobbiamo lasciare la strada statale per prenderne una non in buonissime condizioni che, salendo per circa cinque chilometri, ci porterà alla nostra meta.

Questo monastero nacque come “benedettino” nel secolo Undicesimo e comparve per la prima volta in una donazione del 1095 fatta dai fratelli Tebaldo e Reginerio all’abate di Sancti Veriani in Ajole.

Poco dopo era già entrato a far parte della congregazione di Camaldoli, come si evince da una Bolla di papa Pasquale II del 1113.

Sempre intorno a quegli anni la sua chiesa e parrocchia risultano comunque dipendere, almeno per quanto riguarda i battesimi, dalla Pieve dei SS.mi Lorentino e Piergentino a Ranco.

A partire dal XII secolo ebbe un notevole sviluppo, grazie anche ad una serie di importanti donazioni che lo portarono all’attenzione di molti potenti di quel periodo, tanto da ricevere la protezione imperiale di Lotario nel 1137 e quella di Ottone IV nel 1209.

Frequenti furono i contrasti tra gli abati di questo monastero e il vescovo di Arezzo, tanto che quest’ultimo ne rivendicò il possesso nel 1198, ma non vi riuscì, visto che dieci anni dopo la documentazione lo attesta ancora tra le proprietà dei camaldolesi.

Nel 1257 l’abate di San Veriano ed il Priore di Anghiari furono scomunicati per non aver obbedito agli ordini che il Vescovo di Arezzo aveva dato dopo una visita pastorale all’abbazia.

Dopo la crisi trecentesca e la peste nera del 1348 nell’abbazia non era rimasto che un solo abate e nel 1360 anche questo andò a risiedere in San Michele d’Arezzo. La vita monastica all’interno di San Veriano non riprese mai più e nel 1460 l’abbazia fu data in Commenda al cardinale Farnese per poi essere aggregata al monastero di Santa Maria degli Angeli di Firenze nel 1513. L’unione si concretizzò però soltanto dieci anni dopo (1523), con la morte di tal Nicola, ultimo abate. In una visita pastorale del 1538 l’abbazia risulta “noncupatam”, ma ancora vi era un cappellano che la domenica diceva messa nella sua chiesa. In una visita apostolica successiva (1583), eseguita dal vescovo di Sarsina Angelo Peruzzi su incarico di papa Gregorio XIII, fu ordinato che la cripta della chiesa venisse adattata a usi profani. Nel 1652 San Veriano fu definitivamente soppressa da Papa Innocenzo X, come riportato negli “Annales Camaldulenses” (Vol. VIII, p. 534).

Nel 1790, su disposizione dell’abate di Santa Maria degli Angeli Rainero Bianchi, furono fatti alcuni restauri che si conclusero nel 1804, come ricorda una iscrizione marmorea nella parete destra della chiesa.

Nel 1808, a seguito delle prime soppressioni napoleoniche, la Badia di Veriano divenne di patronato regio. Da allora svolse solo il ruolo di chiesa parrocchiale per le famiglie della zona, fino alla sua soppressione definitiva avvenuta a metà Ottocento.
Se pur profondamente rimaneggiato nel corso dei secoli, l’edificio ecclesiale conserva parte della struttura primitiva composta da un’unica navata e dai suggestivi tre absidi semicircolari. Sotto al presbiterio si trova una cripta a tre piccole navate che si estende per circa metà della chiesa. All’interno di essa ci sono colonne con capitelli lisci fatti a tronco di piramide rovesciata ed è ancora visibile il basamento dell’antico campanile (oggi scomparso) con base circolare.

Da notare le profonde similitudini con un’altra abbazia (anch’essa di origini benedettine ed anch’essa passata ai camaldolesi) posta nella valle del Cerfone: quella di Sant’Abbondio a Croce (detta di Badicroce).